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Claudia Jan Pugliese

Datemi un bambino inferiore ai 6 anni e vi dirò che uomo sarà. 

Questa fu la frase pronunciata da un prete gesuita a mia madre in uno dei giorni dedicati alla ricerca di una scuola per me.

Avevo 5 anni. Non mi piacque quella persona, mi misi a piangere pregandola di non mandarmi dai gesuiti, e lei mi ascoltò, ma questa è un’altra storia. 

Quella frase rimase molto impressa a mia madre, tanto che la ripeté molte volte nel corso degli anni, e oggi colpisce molto anche me. Cosa voleva dire quel prete? Oggi so che voleva dire che un bambino fino ad una certa età è una spugna e può essere indirizzato, instradato, modellato e manipolato. Dipende da chi si prende cura di lui o se ne occupa. I bambini fino ai 7 anni di età è come se fossero in ipnosi, la frequenza delle onde cerebrali è tale da permettere l’assorbimento di tutto ciò che vedono e sentono senza filtri. Forse questo il prete gesuita non lo sapeva, ma sapeva che sotto i 6 anni il bambino può essere programmato, ed è ciò che di fatto avviene, consapevolmente o non. I bambini sono i futuri adulti, sono le generazioni future, sono le future società. Sono delicati e sensibili, da proteggere e ascoltare, da armare e non da modellare. Le armi da dare ai bambini non sono le pistole, l’odio, la competizione, l’aggressività, e nemmeno il senso di colpa e la sottomissione, ma la conoscenza, l’amore per il sapere, il pensare con la propria testa, il mettere in discussione tutto per sapere cosa veramente va bene per loro ed è in linea con la loro natura e soprattutto il rispetto e l’amore di sé. 

Dietro gli occhi di ogni bambino c’è un anima e un mondo da scoprire. Sono esseri perfetti, se si rovinano è responsabilità o colpa degli adulti. Noi eravamo bambini, ricordate? Riprendete le foto di quando eravate piccoli, guardate le vostre espressioni a 3, 4, 5 anni. Guardate i vostri occhi di allora. Quali erano i vostri giochi preferiti? Come era il vostro carattere? Quali erano i sogni, i desideri e le speranze che avevate all’epoca? Ora andate allo specchio e guardate i vostri occhi di oggi. Potrebbe essere scioccante, o commovente, o potrebbe farvi arrabbiare il vedere che siete così cambiati, che avete rinunciato ai vostri sogni, che non sapete nemmeno più cosa desiderate perché siete influenzati dagli altri e da quello che vi dicono i mass media, che non vi riconoscete. Guardate meglio nei vostri occhi, perché dietro a tutto questo c’è ancora quel bambino. Ha ancora bisogno che qualcuno lo ascolti e lo capisca, qualcuno che gli permetta di conoscersi veramente e di esprimersi. Non è colpa tua se non l’hai ricevuto da coloro che si prendevano cura di te, molto probabilmente non l’hanno ricevuto nemmeno loro e non sapevano come fare. Non è colpa tua se non ti sei ascoltato e amato abbastanza, non pensavi di meritartelo e non eri abituato a farlo.

Quel bambino sta ancora lì dentro di te e lo puoi vedere nei tuoi occhi, e ti chiede di non zittirlo o ignorarlo più. Oggi siamo adulti e non abbiamo più bisogno che qualcuno si occupi di noi. Può far piacere che qualcuno si prenda cura di noi, ma non esiste un reale bisogno per la sopravvivenza. Per un bambino la necessità esiste davvero e se non vuoi abbandonarlo, ferirlo o farlo ammalare e lasciarlo morire, tocca a te. 

Ciò di cui hanno più bisogno quei bambini, siamo noi. 

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